Perché andare a Cuba

Perché andare a Cuba? Ce lo spiega il libro “Cuba Resiste. Reportage da un Paese che cambia ma resta fedele alle sue radici” (Infinito Edizioni) del giovane scrittore Massimiliano Squillace, nato a Milano nel 1977. Cuba è senz’altro il Paese caraibico più famoso al mondo, non soltanto per la sua natura e il suo mare meraviglioso, ma anche per la sua storia, che sconfina nel mito quando si parla della Rivoluzione e di Che Guevara – di cui anche l’autore ammette di aver avuto una maglietta, quando era ragazzino – e per luoghi in cui ovviamente è stato anche Squillace; luoghi come la turistica Varadero e Guantanamo – che è molto di più di Guantanamo Bay, dove si trova la super-prigione creata dagli USA dopo l’11/9, e più “allegramente” conosciuta per la canzone “Guantanamera”, considerata dai cubani una sorta di inno nazionale –.

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Ancora, l’autore esalta la “pelle meravigliosa” dei cubani, poiché essi sono molto “fisici” nei rapporti umani – abbracci, mani sulle spalle eccetera – e sono così calorosi, da chiamarti “Mi amor” e “Mi vida”, anche se ti conoscono appena. Merita andare a Cuba per “sentire” l’autenticità dei sentimenti dei cubani e per il loro modo di esprimerli; perché curiosamente non c’è pubblicità, della quale noi, nel mondo “capitalistico” e “sviluppato”, siamo bombardati; perché si può mangiare bene con solo un dollaro; perché Cuba è indicata dalle Nazioni Unite come il Paese più sicuro dell’America Latina; perché la musica è ovunque, dai centri culturali alle strade – oggi nemmeno il rock n’roll è più bandito e nel 2016, quando l’autore è andato sull’isola, si sono persino esibiti i Rolling Stones –, e naturalmente vale la pena andarci per i balli folkloristici.

Si può continuare citando i celebri e gustosi mojitos, il baseball, sport nazionale cubano, a cui giocano anche i bambini. Poi naturalmente ci sono le spiagge, alcune delle quali sono annoverate tra le più belle del mondo: Cayo Gullermo, le magiche Playa Paraiso – il cui nome è tutto un programma! – e Playa Sirena, Playa Ancòn, Cayo Sabinal, Playa Ensenchachos e Playa Megano. Per finire si possono citare le auto d’epoca, il tabacco, il caffè e il rum, ma a Cuba c’è tanto altro. Tutto ciò ha resa il posto che ha “rubato l’anima” più di ogni altro all’autore del libro. Serve altro per invogliare a leggerlo (e a partire)?

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